E’ sempre presto per l’ultimo viaggio,
impavida l’hai affrontato.
Noi non siamo migliori per essere rimasti,
ma solo incoscienti.
Possa la tua essenza librarsi libera nell’aria,
nei boschi, sui mari e nei cieli rossastri.
Quando rugiada tornerai o, semplice soffio,
vibra ancora un istante,
l’istante che racchiuderà una nostra consapevolezza.
L’avorio velo, in adagio, non ha colpa.
Le gentili pieghe della stoffa son proprie tue.
Il respiro non serve e… sei ancora.
La stessa luce che ti cerca non è più luce,
i riflessi non riflettono e l’aria non capisce.
Donati ancora, riequilibra le leggi,
all’interno di quel mondo anche nostro che
solo per una manciata di probabilità
non conosciamo ancora.
Laerte
Questa poesia la dedico al ragazzo morto ieri (19 Marzo 2016), suicidatosi davanti le porte della facoltà di Ingegneria di Roma Tre.
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